© 2025 Erik Mirren. Questo sito custodisce l’opera dell’autore, i cui testi possono essere condivisi su social o altre piattaforme, sempre e solo sotto il nome Erik Mirren, mai attribuiti ad altri. Immagini e contenuti visivi restano esclusi da ogni utilizzo.
Chi diavolo è Erik?
Tutti scrivono biografie. Io, no.
Perché quello che ho fatto non conta. Conta chi sono. Punto.
Nessun curriculum da spiattellare. Niente scuole da ostentare, premi da lucidare o comparsate in TV da infilare a forza nel discorso. Sì, forse ci sono passato. Ho probabilmente fatto tutto.
Ma oggi, non me ne frega più niente.
Questa è la mia vera biografia:
Scritta non coi successi, ma con le cicatrici e non con i luoghi in cui sono stato, ma con le voci che ho lasciato dietro. Non con le strette di mano, ma con i pensieri che ti restano addosso.
Se sei in cerca di un’autore da copertina, con le credenziali giuste e il pedigree ben stirato, fai click su “indietro” e torna nel tuo feed.
Qui troverai solo una cosa:
Me. Crudo e disarmato. Ma fastidiosamente vero.
E le parole che, se ascolti bene, potrebbero anche parlare di te.
❝Questo non è un posto come gli altri."
Qui non troverai sorrisi stirati in foto patinate né biografie da salotto piene di date e premi dimenticabili.
Qui non si celebra ciò che ho fatto. Qui si esplora ciò che sento.
E ciò che non riesco più a ignorare. Non troverai un curriculum.
Troverai cicatrici. Non troverai traguardi.
Troverai frasi esplose da sogni spezzati e da notti insonni.
Chi viene qui cercando un’autobiografia, sbaglia porta.
Perché io non scrivo ciò che sono stato: scrivo per non dimenticare chi sono adesso. E credimi: quello che siamo ora vale infinitamente più di qualsiasi "dove siamo stati".
Questo spazio è costruito come sono io: contraddittorio, vulnerabile, spigoloso, inaspettato. È un sito che non ti prende per mano — ti sfida, ti sussurra, ti urla.
Ti chiede di entrare senza pregiudizi, con gli occhi sporchi e il cuore aperto.
Benvenuto dove le parole non sono marketing.
Sono mine.
Sei pronto a calpestarle?
Allora seguimi…
📩 Lettera al Lettore
Caro amico,
ti scrivo questa lettera per lasciarti un pezzo vivo — e a tratti scomodo — della mia anima. Una parte che ho nascosto a lungo. Troppo a lungo. Soffocata da ciò che gli altri si aspettavano da me. O da ciò che pretendevo io da me stesso.
Scrivo perché non ce la faccio più a fingere che la vita sia un bel posto bel carino.
Non è un film motivazionale. Non è una canzone che ti salva sempre all’ultimo ritornello.
La vita vera è quella che ti resta addosso quando si spengono le luci. Quando resti da solo, con tutti i tuoi pensieri come lame rovesciate sul tavolo.
Ci sono notti in cui il respiro si spezza.
In cui il cuore batte solo per ricordarti che sei ancora in trappola.
Notti in cui i tuoi demoni non bussano: entrano e devastano ogni tua certezza.
E sai cosa fa ancora più male? Gli altri che non lo vedono. Non lo vogliono vedere.
Perché queste notti non sono per tutti: fanno selezione all’ingresso. Lasciando entrare solo chi sente troppo. Chi spera ancora. Chi si spezza in silenzio. Noi siamo quelli che ridono troppo forte e piangono senza permesso. Quelli che vivono ogni emozione come se fosse l’ultima. Ci chiamano fragili. Ci chiamano strani.
Ma la verità è che siamo disarmati ma vivi in un mondo che applaude solo i vincenti.
E mentre noi ci graffiamo l’anima per restare a galla, c’è sempre qualcuno pronto a tirarti addosso frasi fatte come macigni:
“Reagisci.”
“Ci sono problemi più gravi.”
“Ai miei tempi non avevamo il tempo per la depressione.”
Io lo so che non hai bisogno di frasi. Hai bisogno di qualcuno che ci sia. Qualcuno che veda quell’inferno dentro di te e non scappi.
Quel vuoto che senti? Quella voragine che ti risucchia?
Non si colma in fretta. Forse non si colmerà mai del tutto. Ma a volte quel vuoto è spazio. Spazio per raccogliere l’amore che il mondo, ogni tanto, lascia cadere per caso: un gesto. una parola. una carezza non chiesta.
Anche io ci ho messo una vita per capirlo. Ma ora lo so: anche sfiorare il “quasi” può salvarti la pelle.
E se è successo a me, può succedere anche a te. Quindi no, non fidarti di me. Non servono i salvatori. Fidati solo di chi resta. Di chi ti ascolta senza aggiustarti.
Lascia che si sieda con te nel buio. Perché a volte basta un po’ di luce. Una sola fessura, per respirare.
Io ce l’ho fatta. A modo mio. E tu, con tutte le tue crepe, sei molto più forte di quanto pensi. Siamo ancora qui, dopotutto. A scrivere. A resistere. A cercare una scintilla dentro questo casino meravigliosamente umano.
Non aspettare che la vita ti premi.
Falla impazzire.
Sorprendila.
Scrivila tu, questa fottuta storia.
Con tutto me stesso,
un’anima che ha imparato a danzare con i suoi demoni.
Erik